Palazzo Rucellai
1446
Quasi contemporaneamente Michelozzo realizza palazzo Medici che, insieme al Palazzo Rucellai, segnerà il superamento del modello della casa medioevale fiorentina con una tipologia più rispondente alle mutate condizioni di vita della nobiltà imprenditoriale cittadina.
Alberti prima di tutto deve affrontare il problema della facciata, poichè deve misurarsi con l'edificio preesistente.
La facciata è caratterizzata da una maglia geometrica in bugnato individuata orizzontalmente dalle trabeazioni che separano i tre piani e verticalmente da lesene, tuscaniche al primo piano, corinzie al secondo e al terzo piano, che spartiscono la facciata in sette campate.
L'edificio va letto come una griglia flessibile, che consente l'estensione della facciata senza compromettere l'equilibrio compositivo.
Sette finestre quadrate e due ingressi formano le aperture al piano terra. Lungo tutto il basamento è inserito un ordine a sedere, con spalliera in opus reticulatum , sul quale poggiano le lesene.
Le campate dei piani superiori, separate a loro volta da lesene, sono occupate da finestre poggiate su una trabeazione che funge da davanzale. Una fascia di bugne, girando intorno al vano, occupa tutta la muratura esistente tra il vano e le lesene.
Si evince in tutto il tentativo di Alberti di recuperare il linguaggio figurativo proprio della tradizione fiorentina, per esempio nella bifora delle finestre, dove, la lezione gotica passa semmai filtrata attraverso l'esperienza di Michelozzo. Nella facciata appare evidente anche il rimando al Colosseo, nella sovrapposizione degli ordini.
Alberti prima di tutto deve affrontare il problema della facciata, poichè deve misurarsi con l'edificio preesistente.
La facciata è caratterizzata da una maglia geometrica in bugnato individuata orizzontalmente dalle trabeazioni che separano i tre piani e verticalmente da lesene, tuscaniche al primo piano, corinzie al secondo e al terzo piano, che spartiscono la facciata in sette campate.
L'edificio va letto come una griglia flessibile, che consente l'estensione della facciata senza compromettere l'equilibrio compositivo.
Sette finestre quadrate e due ingressi formano le aperture al piano terra. Lungo tutto il basamento è inserito un ordine a sedere, con spalliera in opus reticulatum , sul quale poggiano le lesene.
Le campate dei piani superiori, separate a loro volta da lesene, sono occupate da finestre poggiate su una trabeazione che funge da davanzale. Una fascia di bugne, girando intorno al vano, occupa tutta la muratura esistente tra il vano e le lesene.
Si evince in tutto il tentativo di Alberti di recuperare il linguaggio figurativo proprio della tradizione fiorentina, per esempio nella bifora delle finestre, dove, la lezione gotica passa semmai filtrata attraverso l'esperienza di Michelozzo. Nella facciata appare evidente anche il rimando al Colosseo, nella sovrapposizione degli ordini.
Tempio Malatestiano
1450
La data 1450 ripetuta sulla facciata ed all'interno della chiesa, ed incisa sulla medaglia commemorativa di Matteo de'Pasti, è stato ormai assunta da tutti come quella di inizio dei lavori. Come in Santa Maria Novella, Alberti, deve affrontare il problema de restauro e in questo caso, fare i conti con l'edificio gotico preesistente. Quest'ultimo era formato da un unica navata, coperta da capriate legnee, con sette bifore sulle pareti laterali, un una facciata a campana.
Alberti decide di inscatolare il vecchi edificio gotico. Il progetto prevedeva un unica aula coperta da volta a botte. La tribuna (edificata solo nel '500) è risolta da un presbiterio circolare con cappelle, secondo il modella della Rotonda dell'Annunziata. La cupola a costoloni, che si vede nella medaglia, non fu mai costruita; essa doveva essere risolta con forma emisferica, secondo l'esempio del Pantheon, ma con una struttura a costoloni, secondo la lezione brunelleschiana.
La facciata si presenta come un arco di trionfo, poggiato su uno stilobate e formato da tre fornici separati da semicolonne. Per questa impaginazione l'immediato modello è stato individuato sia nell'arco di Costantino, sia in quello di augusto, mentre sui lati della fabbrica gli archi a tutto sesto, suggeriscono l'idea di acquedotto romano.
La muratura, distaccata dalla parete, sottolinea l'inscatolamento. Lo stilobate gira tutt'intorno all'edificio unendo la facciata ai latii della chiesa, secondo un criterio di concinnitas .
Sulla trabeazione due falde inclinate e due lesene incomplete che serrano il vano centrale, conclude la fabbrica con un grande arco a tutto sesto, raccordato con brevi falde curve ai lati della facciata. Nel piano attico avrebbe dovuto inserire una doppia voluta, poggiata sulle falde inclinate del tetto. La doppia voluta anticipa, in un certo senso la facciata si Santa Maria Novella, mentre il timpano circolare, recupera un tema molto diffuso nell'architettura rinascimentale veneta.
Alberti decide di inscatolare il vecchi edificio gotico. Il progetto prevedeva un unica aula coperta da volta a botte. La tribuna (edificata solo nel '500) è risolta da un presbiterio circolare con cappelle, secondo il modella della Rotonda dell'Annunziata. La cupola a costoloni, che si vede nella medaglia, non fu mai costruita; essa doveva essere risolta con forma emisferica, secondo l'esempio del Pantheon, ma con una struttura a costoloni, secondo la lezione brunelleschiana.
La facciata si presenta come un arco di trionfo, poggiato su uno stilobate e formato da tre fornici separati da semicolonne. Per questa impaginazione l'immediato modello è stato individuato sia nell'arco di Costantino, sia in quello di augusto, mentre sui lati della fabbrica gli archi a tutto sesto, suggeriscono l'idea di acquedotto romano.
La muratura, distaccata dalla parete, sottolinea l'inscatolamento. Lo stilobate gira tutt'intorno all'edificio unendo la facciata ai latii della chiesa, secondo un criterio di concinnitas .
Sulla trabeazione due falde inclinate e due lesene incomplete che serrano il vano centrale, conclude la fabbrica con un grande arco a tutto sesto, raccordato con brevi falde curve ai lati della facciata. Nel piano attico avrebbe dovuto inserire una doppia voluta, poggiata sulle falde inclinate del tetto. La doppia voluta anticipa, in un certo senso la facciata si Santa Maria Novella, mentre il timpano circolare, recupera un tema molto diffuso nell'architettura rinascimentale veneta.
San Sebastiano
1459
La chiesa di San Sebastiano a Mantova rappresenta il primo impegno come ci quale Alberti affronta il tema della pianta centrale, nella quale nel suo trattato, tra le soluzioni possibili egli prevede quella quadrata con absidi addossati ai lati.
La realizzazione di San Sebastiano non corrisponde alla descrizione riportata ma se si tiene conte che contemporaneamente l'architetto opera un recupero di esempi dell'architettura romana si comprende come parole del trattato vengono, in quest'opera tradotte in uno spazio che è anche la rilettura della una aula termale romana.
Con questa chiesa egli realizza una pianta centrale a croce greca: uno spazio quadrato, al quale si accede attraverso un atrio triangola, costituisce l'unico vasto ambiente coperto da una volta a crociera poggiata,nei quattro angoli, su una capitello pensile formato da una sezione di trabeazione piegata. Su tre lati del quadrato si aprono profonde absidi coperte da una volta a vela. La chiesa mai completata, ha subito parecchie trasformazioni, che anno reso difficile l'individuazione del progetto originario. La facciata è stata spesso oggetto di interpretazioni. Cinque aperture, delle quali due esterne semicircolari, formano gli ingressi, al termine di una scalinata.
L'ampia muratura, spoglia di ogni decorazione, è trattata da quattro lesene, due agli angoli della facciata, due tangenti all'apertura centrale.
Una delle interpretazioni più famose della facciata è quella di Wittkower: eliminando gli ingressi della cripta, ipotizza una facciata poggiata su un alta scalinata, ripartita in cinque campate, con l'aggiunta di altre due lesene, mentre la trabeazione spezzata, propone l'arco romano di Orange come possibile modello. Studi più recenti hanno ribadito l'interpretazione della fabbrica come variazione del tempio etrusco.
La realizzazione di San Sebastiano non corrisponde alla descrizione riportata ma se si tiene conte che contemporaneamente l'architetto opera un recupero di esempi dell'architettura romana si comprende come parole del trattato vengono, in quest'opera tradotte in uno spazio che è anche la rilettura della una aula termale romana.
Con questa chiesa egli realizza una pianta centrale a croce greca: uno spazio quadrato, al quale si accede attraverso un atrio triangola, costituisce l'unico vasto ambiente coperto da una volta a crociera poggiata,nei quattro angoli, su una capitello pensile formato da una sezione di trabeazione piegata. Su tre lati del quadrato si aprono profonde absidi coperte da una volta a vela. La chiesa mai completata, ha subito parecchie trasformazioni, che anno reso difficile l'individuazione del progetto originario. La facciata è stata spesso oggetto di interpretazioni. Cinque aperture, delle quali due esterne semicircolari, formano gli ingressi, al termine di una scalinata.
L'ampia muratura, spoglia di ogni decorazione, è trattata da quattro lesene, due agli angoli della facciata, due tangenti all'apertura centrale.
Una delle interpretazioni più famose della facciata è quella di Wittkower: eliminando gli ingressi della cripta, ipotizza una facciata poggiata su un alta scalinata, ripartita in cinque campate, con l'aggiunta di altre due lesene, mentre la trabeazione spezzata, propone l'arco romano di Orange come possibile modello. Studi più recenti hanno ribadito l'interpretazione della fabbrica come variazione del tempio etrusco.
Sant'Andrea
1470
La fabbrica di Sant'Andrea presenta non poche difficoltà di interpretazione, in quanto è stata realizzata in un lunghissimo arco di tempo con molte trasformazioni che hanno cambiato il significato spaziale delle intenzioni progettuali iniziali.
La ricostruzione dell'antica chiesa di Sant'Andrea è legata al desiderio dei Gonzaga di risanare il centro della città.
La scelta tipologia è conseguenza di un esigenza liturgica, ma è anche un modo per l'architetto per recuperare i modelli classici.
Probabilmente il progetto iniziale prevedeva una pianta a croce latina, o più probabilmente ad aula basilicale.
Ora la chiesa presenta una pianta ad aula unica con sei cappelle per lato sistemate fra i setti murari, resi necessari per per contrastare le spinte dell'ampia volta. I setti murari, disposti perpendicolarmente all'aula, sono ravvicinati a due a due, in modo da racchiudere alternativamente spazi minori e spazi maggiori secondo il modello delle cellae e delle tribunalia.
Gli spazi maggiori, coperti da volta a botte, sono aperti sulla navata con una arco a tutto sesto, mentre gli spazi minori presentano un ingresso architravato che immette in una cappella coperta da un cupola. L'alternarsi di cappelle maggiori e cappelle minori crea un ritmo di murature piene e di larghe aperture. Questa soluzione risolve sia problemi statici che spaziali.
L'illuminazione nelle cappelle maggiori è assicurata da finestre termali aperte nella parete di fondo; nelle cappelle minori il sistema di illuminazione risulta più complesso in quanto la cupola è alloggiata in un ambiente la cui unica apertura è formata da un arco aperto nella parete esterna per cui la luce che illumina la cappella risulta una minima quantità di quella che, entrata in quel vano definito "camera di luce" viene filtrata poi dal lanternino.
L'ordine architettonico usato, sia all'interno che all'esterno, è quello corinzio.
La facciata è spartita in tre campate da lesene. Quella maggiore, centrale presenta un arco a tutto sesto, mentre ai lati si aprono due ingressi architravati i quali immettono, anch'essi, nell'atrio che separa la strada dall'ingresso vero e proprio. Le volte a botte cassettonate sono disposte, le due laterali, ortogonalmente a quella centrale. Al di sopra del frontone, che conclude la facciata, vi è un ampio arco con un finestra circolare.
Se possiamo parlare di recupero di modelli classici va detto che questo recupero non avviene mai in senso filologico, quanto piuttosto come rilettura di un linguaggio classico.
La ricostruzione dell'antica chiesa di Sant'Andrea è legata al desiderio dei Gonzaga di risanare il centro della città.
La scelta tipologia è conseguenza di un esigenza liturgica, ma è anche un modo per l'architetto per recuperare i modelli classici.
Probabilmente il progetto iniziale prevedeva una pianta a croce latina, o più probabilmente ad aula basilicale.
Ora la chiesa presenta una pianta ad aula unica con sei cappelle per lato sistemate fra i setti murari, resi necessari per per contrastare le spinte dell'ampia volta. I setti murari, disposti perpendicolarmente all'aula, sono ravvicinati a due a due, in modo da racchiudere alternativamente spazi minori e spazi maggiori secondo il modello delle cellae e delle tribunalia.
Gli spazi maggiori, coperti da volta a botte, sono aperti sulla navata con una arco a tutto sesto, mentre gli spazi minori presentano un ingresso architravato che immette in una cappella coperta da un cupola. L'alternarsi di cappelle maggiori e cappelle minori crea un ritmo di murature piene e di larghe aperture. Questa soluzione risolve sia problemi statici che spaziali.
L'illuminazione nelle cappelle maggiori è assicurata da finestre termali aperte nella parete di fondo; nelle cappelle minori il sistema di illuminazione risulta più complesso in quanto la cupola è alloggiata in un ambiente la cui unica apertura è formata da un arco aperto nella parete esterna per cui la luce che illumina la cappella risulta una minima quantità di quella che, entrata in quel vano definito "camera di luce" viene filtrata poi dal lanternino.
L'ordine architettonico usato, sia all'interno che all'esterno, è quello corinzio.
La facciata è spartita in tre campate da lesene. Quella maggiore, centrale presenta un arco a tutto sesto, mentre ai lati si aprono due ingressi architravati i quali immettono, anch'essi, nell'atrio che separa la strada dall'ingresso vero e proprio. Le volte a botte cassettonate sono disposte, le due laterali, ortogonalmente a quella centrale. Al di sopra del frontone, che conclude la facciata, vi è un ampio arco con un finestra circolare.
Se possiamo parlare di recupero di modelli classici va detto che questo recupero non avviene mai in senso filologico, quanto piuttosto come rilettura di un linguaggio classico.
Rotonda dell'Annunziata
1471
Il Vasari ci informa che Alberti "fece detta tribuna capricciosa e difficile a guisa di un tempio tondo circondato da nove cappelle, che tutte girano in arco tondo e dentro sono ad uso di nicchia" e continua poi notando che gli archi delle cappelle poichè fra pilastro e pilastro seguono l'andamento curvo della pianta "pare che caschino all'indietro".
Voluto dal marchese Gonzaga, come testimonianza del mecenatismo mantovano a Firenze, il nuovo ambiente presenta una pianta centrale su matrice circolare, tangente all'aula unica che formava l'antica chiesa alla quale risulta collegata da un ampio arco.
Paraste corinzia impaginano l'invaso circolare con le otto cappelle semicircolari; quella centrale recupera il modello della scarsella brunelleschiana. All'interno forma un solido poligonale la cui compatta muratura sovrasta tutta la fabbrica determinando un caratteristico volume nel panorama cittadino. La cupola è inglobata in un tamburo in cui si aprono nove ampie finestre con timpano spezzato mentre una lesena, rastremata e decorata con una mensola, spartisce l'ampia parete fra le finestre. La ricca pavimentazione accentua la centralità, mentre gli elementi decorativi appartengono ad un secondo intervento.
Voluto dal marchese Gonzaga, come testimonianza del mecenatismo mantovano a Firenze, il nuovo ambiente presenta una pianta centrale su matrice circolare, tangente all'aula unica che formava l'antica chiesa alla quale risulta collegata da un ampio arco.
Paraste corinzia impaginano l'invaso circolare con le otto cappelle semicircolari; quella centrale recupera il modello della scarsella brunelleschiana. All'interno forma un solido poligonale la cui compatta muratura sovrasta tutta la fabbrica determinando un caratteristico volume nel panorama cittadino. La cupola è inglobata in un tamburo in cui si aprono nove ampie finestre con timpano spezzato mentre una lesena, rastremata e decorata con una mensola, spartisce l'ampia parete fra le finestre. La ricca pavimentazione accentua la centralità, mentre gli elementi decorativi appartengono ad un secondo intervento.